Elisa Mattiello
Università di Pisa
I giovani di oggi bevono un casino, acquistano abiti che costano un botto, e spesso sono di fuori come un balcone, perché fumano di brutto o studiano a bestia. Queste espressioni sono tipiche dello slang giovanile, o slanguage: un linguaggio colorito e spesso enfatico che serve a rafforzare l’identità del gruppo e a facilitare la comunicazione tra coetanei.
I giovani inglesi non sono da meno in fatto di creatività: dopo una sbronza si definiscono wasted (‘ubriaco perso’, lett. ‘ridotto a scarto’), comprano abiti griffati che costano a bomb (‘un occhio della testa’, lett. ‘una bomba’), finiscono spesso stoned (‘fatto, ubriaco’, lett. ‘pietrificato’), perché fumano like a chimney (‘come una ciminiera’) o studiano like mad (‘da matti’).
Lo slang è una varietà non-standard che viene spesso denigrata per il suo potere offensivo o criticata per il suo stile eccessivamente informale, talvolta volgare o spregiativo. Eppure, si tratta di un fenomeno linguistico di grande rilievo, studiato da lessicografi e linguisti nel corso dei decenni. La lessicologa Julie Coleman ha dedicato tre volumi alla storia dei dizionari di slang (Coleman 2004a, 2004b e 2009), mentre la sociolinguista Connie Eble ha analizzato l’impatto dello slang universitario sull’identità e le relazioni sociali degli studenti (Eble 1996). Il repertorio più vasto resta Green’s Dictionary of Slang di Jonathon Green, pubblicato in edizione cartacea nel 2010 e disponibile anche online in versione aggiornata.
Lo slang è un linguaggio vivo e in continua evoluzione, perché legato alla dimensione orale e spesso temporanea o effimera. Molti termini scompaiono (come groovy ‘fico’ o chick ‘pollastrella, bambola’), ormai considerati termini desueti e decisamente soppiantati da cool e babe. Altri cambiano uso e significato: è il caso di snafu, nato come acronimo militare durante la Seconda Guerra Mondiale (da situation normal, all fucked up) per indicare un ‘errore’, poi esteso all’uso comune come sinonimo di mess (‘casino’). Altri ancora entrano nella lingua colloquiale: telly era un tempo etichettata come voce slang, oggi è semplicemente un termine informale per ‘televisione’; bird-brained da insulto è ormai un aggettivo d’uso corrente per indicare una persona stupida, ‘dal cervello di gallina’. Ci sono poi termini che assumono significati molteplici a seconda del contesto: dog può indicare una donna poco attraente (She’s a dog!), dei piedi doloranti (My dogs are barking), un amico (He’s my dog), oppure un insuccesso (That exam was a dog).
Tuttavia, è importante distinguere lo slang dalla lingua colloquiale: belly è un termine informale per ‘pancia’, ma nello slang si parla piuttosto di beer belly, per indicare un addome prominente causato dall’eccesso di birra. Lo slang spesso nasce proprio dall’esigenza di creare sinonimi non-standard, alternative più vivaci al lessico comune: boozer (‘ubriacone, spugna’) per alcoholic, high (‘fatto, sballato’) per intoxicated by drugs, dope e stuff per ‘roba’ (riferito a droga, soldi, o merce rubata).
Si tratta di un linguaggio volutamente criptico, segreto e al tempo stesso estremamente creativo, utilizzato da gruppi ristretti – adolescenti, spacciatori, criminali – anche con la funzione di escludere chi non appartiene al gruppo, come adulti o forze dell’ordine. Non a caso, i nomi dello slang legati alle droghe sono spesso ambigui, perché coincidono con parole dell’inglese standard: base e coke per ‘cocaina’, angel per ‘PCP’, animal per ‘LSD’, baby per ‘marijuana’, ball per ‘crack’ – tutti termini che nella lingua comune hanno tutt’altro significato.
Dal punto di vista morfologico, lo slang ha regole di formazione proprie. Il suffisso -y/-ie indica familiarità e produce varianti colloquiali: shoppie (‘commessa’), hotty (‘donna attraente, bomba, gnocca’). Nello slang britannico è frequente il suffisso -er/-ers, introdotto nel linguaggio universitario tramite lo sport: rugger (‘rugby’), lecker (‘lezione’), spaggers (‘spaghetti’), brekkers (‘colazione’). Lo slang americano predilige -eroo (floperoo ‘fiasco’), usato soprattutto in radio, negli sport o in pubblicità, mentre quello australiano usa -o: kiddo (‘bambino’), cheapo (‘spilorcio’), sicko (‘pervertito’). Interessante anche l’uso specifico di -s, che, al contrario dell’omofono e omografo suffisso plurale dell’inglese standard, da base nominale forma aggettivi come nuts o bananas (‘fuori di testa’).
Non mancano fenomeni più creativi, come gli infissi enfatici: fan-bloody-tastic, abso-fucking-lutely, costruzioni assenti in italiano, dove si preferiscono prefissi (es. stra-, iper-) o superlativi (assolutissimamente). Diffusi sono anche i suffissoidi metonimici: -head (‘persona stupida’ in airhead, ma anche ‘tossicodipendente’ in crackhead), -brain (birdbrain ‘cervello di gallina’), -mouth (big mouth ‘chiacchierone’).
Un fenomeno peculiare è il Cockney Rhyming Slang: nato nell’East End di Londra nell’Ottocento, consiste nel sostituire una parola comune con un’espressione che rima con essa (stairs → apples and pears), spesso poi abbreviata (apples ‘scale’). Era un codice interno per confondere gli estranei e si rinnova ancora oggi con riferimenti popolari e culturali: Britney Spears → beers ‘birre’, Meryl Streep→ cheap ‘economico’, Tony Blair → flares ‘pantaloni a zampa d’elefante’.
Lo slang è dunque un fenomeno diastratico (legato all’età o al gruppo di appartenenza), diafasico (adatto a contesti informali) e diatopico (caratterizzato da varianti geografiche). Emblematico è pissed, che in inglese britannico significa ‘ubriaco’ e in americano ‘arrabbiato’.
È anche un linguaggio fresco e creativo. In certi campi produce un’abbondanza di sinonimi: per l’omosessualità (duke, gay, fairy, fruit, nancy, nelly, pansy, poof, queen, queer), per lo stato di ebbrezza o gli effetti della droga (battered, blitzed, hammered, smashed, stoned, trashed, wasted). Molti di questi ultimi richiamano metafore di distruzione: es. legless (‘senza gambe’) e paralytic (‘paralizzato’) alludono agli effetti negativi dell’abuso di alcool e droghe sul fisico. La creazione e la coesistenza di tanti sinonimi rivelano la vivacità e il potenziale espressivo della lingua.
Ne consegue che tradurre lo slang è un’operazione complessa: non si tratta solo di rendere il significato, ma di riprodurre anche le sfumature sociolinguistiche e pragmatiche. Così skag (‘donna poco attraente’) richiede in italiano equivalenti coloriti come ‘racchia’ o ‘cozza’, mentre high e stoned vanno resi con voci che mantengano informalità e funzione criptica, ad esempio ‘fatto’ o ‘stonato’ – quest’ultimo un calco dall’inglese, del tutto indipendente dal significato musicale di stonato come ‘fuori intonazione’. A ciò si aggiunge la presenza di numerosi anglismi ormai pienamente integrati nello slang giovanile italiano (boomer, cool, cringe), insieme a voci nate e diffuse nell’ambiente digitale, attraverso Internet, i videogiochi e i social network: FOMO (da fear of missing out, ‘paura di restare esclusi, ad esempio da un evento sociale’), simp (‘zerbino’), sus (‘sospetto’, popolarizzato dal videogioco Among Us).
Per questo, nell’apprendimento di una lingua straniera lo slang non può essere trascurato: rappresenta infatti una componente integrante del lessico, la sua parte più vivace e dinamica, che rivela come la lingua venga realmente usata nella quotidianità.
“Slang is language that rolls up its sleeves, spits on its hands and goes to work”, scriveva il poeta statunitense Carl Sandburg sul New York Times nel 1959. A quasi settant’anni di distanza, lo slang mantiene le maniche arrotolate: un linguaggio alternativo alla norma, efficiente e creativo, che continua a innovare e a riflettere la vitalità della lingua.
Per approfondire
Coleman, Julie. 2004a. A History of Cant and Slang Dictionaries. Volume I. Oxford: Oxford University Press. 1567–1784.
Coleman, Julie. 2004b. A History of Cant and Slang Dictionaries. Volume II. Oxford: Oxford University Press. 1785–1858.
Coleman, Julie. 2009. A History of Cant and Slang Dictionaries. Volume III. Oxford: Oxford University Press. 1859–1936.
Eble, Connie. 1996. Slang and Sociability: In-Group Language among College Students. Chapel Hill: University of North Carolina Press.
Green, Jonathon. 2010. Green’s Dictionary of Slang. London: Hodder Education/Chambers. Online edition 2025, https://greensdictofslang.com/.
0 Commenti
Lascia un commento