Marianna Bolognesi
Alma Mater Studiorum – Università di Bologna
Nel 1946 George Orwell pubblica un saggio dal titolo Politics and the English Language, in cui critica la bruttezza e l’inaccuratezza della lingua scritta (inglese) del suo tempo. Dopo aver illustrato alcuni esempi di testi scritti male, Orwell spiega che due caratteristiche fondamentali caratterizzano la lingua usata in questi testi. La prima è la loro aridità in termini di immagini evocate (staleness of imagery), mentre la seconda è la loro mancanza di precisione (lack of precision).
Il primo aspetto, cioè l’aridità di immagini, è spesso dovuto all’utilizzo di parole molto astratte, spesso di origine latina, utilizzate perché appartenenti ad un registro formale e ricercato. Denotando concetti astratti, queste parole difficilmente evocano nella mente del lettore immagini vivide. In altri casi, la mancanza di immagini evocate dal testo è dovuta all’utilizzo di metafore troppo convenzionalizzate, cioè metafore morte o espressioni idiomatiche. Infatti, sebbene le metafore siano strumenti linguistici e concettuali attraverso i quali creiamo immagini concrete per spiegare tipicamente concetti astratti o difficili, epressioni metaforiche iperconvenzionalizzate, come ad esempio ‘il tendine d’Achille’, utilizzata per definire l’aspetto debole di una situazione o di una persona, hanno perso ormai il loro potere evocativo: sono metafore ‘consumate’ al punto da non avere più la capacità di evocare nella mente di chi legge l’immagine vivida e concreta che in effetti descrivono.
In anni recenti lo studio scientifico degli effetti della concretezza delle parole (e del suo opposto, l’astrattezza) sulla comprensibilità dei testi ha fatto grandi passi avanti. Ad esempio, è stato dimostrato che le pagine web che contengono parole mediamente molto concrete risultano essere più comprensibili rispetto alle pagine web che contengono parole mediamente molto astratte. Studi di carattere psicolinguistico e neuroscientifico mostrano inoltre che le parole che denotano concetti concreti sono mediamente imparate prima dai bambini, riconosciute più in fretta e memorizzate più facilmente rispetto alle parole astratte. Questi fenomeni vengono spesso attribuiti al cosiddetto concreteness effect, spiegabile dal fatto che la mente umana riesce a rappresentare il significato delle parole concrete attraverso immagini oltre che attraverso informazioni simboliche più strettamente linguistiche. Il vantaggio di questo doppio codice di rappresentazione renderebbe le parole concrete più facilmente accessibili rispetto alle parole astratte, che invece sarebbero rappresentate nella mente in maniera solo linguistica.
La seconda caratteristica che Orwell attribuisce ai testi scritti male è la mancanza di precisione. Questa peculiarità è legata all’uso di parole poco specifiche e quindi molto generiche. Le parole generiche descrivono categorie di concetti molto ampie, applicabili ad una vasta gamma di contesti e referenti, come ad esempio ‘utensile’ o ‘cibo’. Questa peculiarità è tipica anche del linguaggio politico dei giorni nostri, non solo dei testi descritti da Orwell. Basti pensare agli slogan che caratterizzano le campagne elettorali, che utilizzano parole estremamente generiche, come “Dalla parte giusta”, o “Pronti”, o “Make America great again”. Nei discorsi presentati in campagna elettorale si sente poi spesso parlare di ‘azioni’ che verranno intraprese, senza che sia specificato di che tipo di azioni si tratti; si sente parlare di “aumento dei posti di lavoro” senza che sia specificato quali posti di lavoro, che tipo di aumento, eccetera. La genericità di questi termini è senza dubbio legata a necessità comunicative come il bisogno di raggiungere un elettorato esteso usando poche parole, che rende utile l’impiego di una terminologia facile, frequentemente usata, familiare, comune, conosciuta da tutti. Ma tale genericità può essere anche utilizzata in maniera strategica dai candidati politici per non prendersi impegni troppo precisi di fronte agli elettori, cioè impegni che prevedano risultati poi valutabili in maniera oggettiva. L’uso di parole generiche diventa quindi un’arma discorsiva utilizzata per non compromettersi con un impegno specifico e quantificabile, che sarebbe difficile da raggiungere.
Lo studio scientifico della specificità delle parole (e del suo opposto, la genericità) è spesso legato ad analisi linguistiche in cui si distinguono vari livelli all’interno del lessico. Si parla di lessico di base, riferendosi all’insieme di parole generalmene abbastanza brevi, molto comuni, che denotano categorie concettuali di specificità media, come cane, libertà, o mangiare. Si parla poi di un livello di lessico sovraordinato, che comprende parole molto generiche come entità, astrazione, o agire, ed un lessico subordinato, che comprende parole molto specifiche, spesso rare e poco utilizzate, applicabili ad un insieme spesso ristretto di contesti e referenti, come bassotto, libertà di stampa, o sbocconcellare. Il livello di base è quel livello a cui pensiamo e parliamo più frequentemente. Ciò nonostante, abbiamo la capacità di saltellare in su verso parole più generiche e in giù verso parole più specifiche a seconda del contesto, degli interlocutori con cui conversiamo e delle conoscenze con loro condivise. Spesso usiamo (e ci aspettiamo) un lessico più specifico se comunichiamo con esperti di un dato settore, mentre usiamo e ci aspettiamo un lessico più generico se parliamo con non-esperti, o con bambini, o con apprendenti stranieri. Quando il livello di specificità di un testo o di un dialogo non soddisfa le nostre aspettative, ci annoiamo (perché troppo generico), o ci infastidiamo (perché è troppo specifico e quindi incomprensibile).
Sia la concretezza che la specificità delle parole hanno dunque effetti importanti sia sulla nostra mente che sull’uso che facciamo della lingua. Tuttavia, la relazione tra queste due variabili, concretezza e specificità, resta ignota. Possiamo ipotizzare che le parole più concrete siano in media anche più specifiche? E che quelle astratte siano anche più generiche? Studi sperimentali di carattere esplorativo sembrano suggerire che questo non sia il caso: esistono parole generiche e astratte (arte, libertà, emozione); specifiche e concrete (bassotto, arancia rossa, giallo canarino); ma anche generiche e concrete (sostanza, colore, entità); e specifiche e astratte (pop–art, risentimento, libertà di stampa).
Questi studi sono tuttavia ancora molto ristretti e limitati, perché esistono pochi strumenti per poter investigare in maniera quantitativa, sperimentale e oggettiva gli effetti di concretezza e specificità sul nostro pensiero e sul nostro uso e comprensione del linguaggio. Per quanto riguarda la concretezza delle parole e dei concetti, in effetti esistono alcune risorse lessicali, in varie lingue, che consistono in raccolte di giudizi di concretezza su parole, fornite da centinaia di parlanti. Tipicamente, per la costruzione di queste risorse, si chiede a un gran numero di parlanti di indicare, su una scala ad esempio da 1 a 5, quanto sia ‘concreta’ una determinata parola, dove con concretezza si intende spesso la capacità di poter vedere o toccare il referente denotato. Una parola come banana, ad esempio, denota un referente altamente concreto, mentre una parola come libertà denota un referente molto poco concreto. Ovviamente le parole con più significati sono spesso problematiche, soprattutto quando uno dei significati è derivato per estensione metaforica dal significato originale, ed è quindi tipicamente astratto: dovendo giudicare quanto sia concreta una parola come campo, un parlante può immaginare un campo di pomodori (molto concreto) o un campo di studi (molto astratto) e dare di conseguenza giudizi di concretezza diversi, difficilmente riconducibili al senso che il parlante aveva in mente. Esistono tuttavia studi molto recenti che hanno cercato di produrre nuove risorse lessicali in cui i valori di concretezza delle parole vengono elicitati in contesto, e dunque relativamente al senso della parola selezionato da diversi contesti d’uso.
Per quanto riguarda la specificità delle parole, le risorse lessicali utilizzabili per quantificare quanto sia specifica una determinata parola sono estremamente limitate. Per svolgere indagini quantitative sull’uso e sugli effetti delle parole in relazione alla loro specificità, i ricercatori e le ricercatrici spesso si avvalgono di risorse come WordNet e MultiWordNet, delle enormi banche dati dalle quali è possibile, con vari algoritmi, estrarre valori di specificità delle parole, sulla base però di lessici creati a partire da dizionari ed enciclopedie. Dal momento che queste banche dati sono state predisposte da lessicografi esperti che si sono avvalsi di dizionari ed enciclopedie, parole come coleottero, che immagino per la maggior parte dei lettori di Linguisticamente sia estremamente specifica (così come per la sottoscritta), per WordNet non è così specifica, perché WordNet ‘conosce’ molti sottotipi di coleottero, reperiti da dizionari specialistici. Resta quindi dubbia la plausibilità cognitiva dei giudizi di specificità estratti da WordNet, in quanto WordNet di per sé non riflette il lessico mentale dei parlanti comuni, ma la conoscenza collettiva e specializzata che troviamo in dizionari ed enciclopedie.
Per questo motivo, uno degli obiettivi principali del progetto Abstraction è proprio quello costruire uno strumento che ci aiuti a raccogliere, con la partecipazione di migliaia di parlanti, dati linguistici relativi alla specificità delle parole e dati demografici relativi ai parlanti che hanno generato questi dati (trattati sempre in forma aggregata ed anonima, nel rispetto della privacy e del regolamento GDPR). Grazie a nuove risorse lessicali sviluppate per ottenere misure relative alla specificità delle parole sarà poi possibile capire come parole che variano in specificità vengono processate nella nostra mente e come cambiano la persuasività, la comprensibilità, la chiarezza, o l’informatività di un testo, al variare delle parole più o meno specifiche in esso contenute.
Lo strumento che permetterà al gruppo di ricerca Abstraction di raccogliere questi dati di specificità per migliaia di parole che compongono il lessico inglese e quello italiano è un gioco linguistico: Word Ladders.
Word Ladders è una app educativa gratuita per telefoni cellulari, in cui i giocatori potranno sfidarsi, giocare individualmente o in gruppo, nel costruire scale di parole più lunghe possibili, a partire da una parola iniziale fornita dal gioco.
A partire da queste scale il gruppo di ricerca Abstraction estrarrà poi valori di specificità delle parole che verranno usate per condurre analisi statistiche ed esperimenti comportamentali per capire da un lato come funzionano concretezza e specificità da sole e in interazione per la costruzione di testi massimamente chiari ed informativi, e dall’altro come processiamo nella nostra mente parole che variano non solo in concretezza/astrattezza, ma anche in specificità/genericità, e dunque in astrazione.
Condividiamo con enorme piacere i link per scaricare la app Word Ladders su telefonini Android ed Apple e speriamo di vedere i lettori di Linguisticamente presto nella classifica generale degli scalatori di vocabolario, su Word Ladders!
Per telefoni android (Play Store):
https://play.google.com/store/apps/details?id=it.synesthesia.abstraction
Per telefoni IOS tipo Iphone (Apple Store):
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