Maria Laura Restivo
Università per Stranieri di Perugia
Al centro di ogni atto comunicativo, scritto o parlato, vi è un testo. Perché possa dirsi tale, un testo deve presentare un emittente e un destinatario e perseguire uno scopo comunicativo. Esso non si definisce in funzione della sua estensione: può essere molto lungo (un romanzo, un trattato in più volumi) oppure constare di sequenze di frasi, di una frase o soltanto di una parola (si pensi, ad esempio, all’insegna con su scritto “aperto” all’ingresso di un negozio).
Le peculiarità che contraddistinguono un testo sono l’unità di senso e l’unità strutturale; per riferirci ad esse parliamo rispettivamente di coerenza e di coesione. Concentriamoci sulla prima proprietà: un testo è coerente quando il suo contenuto è unitario, continuo e progressivo, come nel seguente esempio:
(1) Le autorità sovietiche hanno convocato la stampa per fare il punto della situazione a Chernobyl e commentare la versione ufficiale e definitiva della catastrofe nucleare avvenuta il 26 aprile scorso con l’esplosione della centrale atomica ucraina. Considerati tutti insieme, gli elementi d’informazione forniti ieri compongono un quadro niente affatto tranquillizzante. In primo luogo, dalle rovine dei reattori esplosi continuano ancor oggi a sprigionarsi nell’atmosfera “polveri radioattive”, che le correnti d’aria disperdono ai quattro venti, in direzioni imprevedibili, molto lontano da Chernobyl e dall’Urss. Secondo, il bilancio ufficiale dei morti è salito di altre tre unità, per un totale di 31 (finora si era sempre parlato di 28). (Corpus La Repubblica)
In (1) si individua chiaramente un tema di fondo, il disastro di Chernobyl, al quale sono riconducibili le varie parti del testo; inoltre, è possibile osservare una continuità tra i contenuti espressi; infine, vi è progressione dell’informazione, in quanto nel passaggio da un’unità all’altra del testo si forniscono informazioni che arricchiscono quelle precedenti: in (1) si afferma che le autorità sovietiche hanno fatto il punto della situazione a Chernobyl; a tale dato se ne aggiungono altri relativi alla diffusione delle polveri radioattive e al numero dei morti.
La coerenza non si configura come proprietà intrinseca del testo, non è quindi connaturata alle espressioni che lo compongono, ma è il frutto della attività interpretativa del destinatario; tale operazione richiede l’attivazione di conoscenze linguistiche ed extralinguistiche (ci si riferisce alle seconde con il termine di enciclopedia). Si consideri (2) (Simone 1990: 446):
(2) Il vento e le conseguenti mareggiate hanno dato ieri un po’ di respiro ad alcune delle spiagge di Rimini assediate dalle alghe. Il problema resta però grave: le presenze dei turisti calano. Chi non si preoccupa sono i turisti scandinavi: meno di cento le prenotazioni disdette.
In (2) l’emittente lascia implicite alcune informazioni che il lettore dovrà recuperare attingendo alla propria enciclopedia: Rimini è una meta turistica; generalmente la presenza delle alghe sulle spiagge allontana i turisti; questi ultimi di solito prenotano un alloggio nella città in cui trascorrono le vacanze, il che giustifica le prenotazioni disdette.
Se la coerenza riguarda la struttura logica del testo, la coesione trova espressione nella rete di segnali di collegamento tra le parti di un testo. Tali legami si manifestano sia all’interno della frase (si pensi, ad esempio, alla concordanza di numero tra soggetto e predicato o a quella di genere e numero tra nomi, articoli e aggettivi), sia tra frasi. Qui ci concentriamo sul secondo tipo di legami, che possiamo distinguere in relazioni di rinvio e relazioni di connessione.
La relazione di rinvio si instaura fra due o più elementi di uno stesso testo: da un lato il punto d’attacco, ossia la prima menzione di un referente nel testo, dall’altro la/le espressione/i per mezzo delle quali tale punto d’attacco viene richiamato. In
(3) È uscito il nuovo film di Sorrentino; andrò a vederlo domani
il pronome lo rimanda a il nuovo film di Sorrentino; esso rappresenta una forma di ripresa di tipo anaforico (dal greco anà ‘sopra’ e phèrein ‘portare’) dal momento che il suo punto d’attacco è già stato introdotto. È possibile distinguere due tipi di espressioni anaforiche sulla base della relazione semantica che intrattengono con il loro antecedente: anafore per ripetizione e anafore per sostituzione. Si ha ripetizione quando fra antecedente ed espressione anaforica vi è coincidenza lessicale, come in Fondamentale nell’anziano è il ruolo giocato dalle proteine. Il metabolismo delle proteine è spesso compromesso, sia nei meccanismi sia nel patrimonio proteico dell’organismo. (corpus La Repubblica). Quando si ricorre alla sostituzione, l’anafora è costituita da un’espressione linguistica diversa da quella impiegata per il punto d’attacco: si adoperano pronomi personali (come abbiamo visto in (3)), relativi (Ho incontrato Mario, che mi ha parlato del suo viaggio) e dimostrativi (Si sarebbe riconciliato con i fratelli solo se questi avessero ammesso l’errore); ad essi si affiancano elementi appartenenti ad altre classi di parole, come mostrano i seguenti esempi:
(4) Roberto è partito, io non l’ho fatto.
(5) Luca è un medico affermato, Francesco no.
In (4) il verbo dal significato generico fare, preceduto dal pronome lo, riprende partire, mentre in (5) l’avverbio no rimanda a è un medico affermato.
La sostituzione anaforica può avvenire anche per mezzo di espressioni che intrattengono con il punto d’attacco una relazione semantica di sinonimia (6) o di iperonimia (in (7) l’anafora è costituita da un nome che designa una classe nella quale è incluso l’antecedente):
(6) Il ragazzo nel tentativo di sorpassare una Bmw ha sbandato. Il giovane è deceduto sul colpo (Corpus La Repubblica)
(7) Così nel primo film si alternano le immagini di una macchina e di un bordo di strada visto con gli occhi del cane. In sottofondo l’ansimare dell’animale. (Corpus La Repubblica)
Il rinvio anaforico può realizzarsi anche attraverso l’ellissi (dal greco èlleipsis ‘mancanza’), cioè attraverso l’omissione dell’elemento che richiama un costituente precedentemente menzionato. Nei seguenti esempi l’anafora, che riprende rispettivamente un verbo e un nome, è priva di corpo fonico, tratto segnalato mediante il simbolo Ø: Marco prende un primo, Federico Ø un secondo; Marta ama, mentre Fabio detesta Ø, la musica classica. Si parla di ellissi anche quando viene omesso il soggetto di una frase con verbo di modo finito (Paolo comprerà i biglietti e Ø me li invierà); in questo caso, a differenza di quelli esaminati prima, l’elemento Ø condiziona il contesto in cui opera, visto che il verbo concorda con esso.
Dopo aver considerato le caratteristiche formali e semantiche dell’anafora, occorre evidenziarne un’altra proprietà, la ricorsività: un punto d’attacco può essere seguito da una sequenza più o meno lunga di coesivi che lo riprendono. Si consideri il seguente esempio (Ferrari 2014: 207):
(8) Di gran lunga il maggiore scultore e architetto del Seicento in Europa, il Bernini si è talvolta cimentato con la pittura: attività per lui certamente minore, affrontata soprattutto in anni giovanili con spirito quasi dilettantesco, e tuttavia rivelatrice di una mano sicura e brillante […]. Allievo a Roma del padre Pietro, Gian Lorenzo è uno dei più precoci enfants prodiges della storia dell’arte: subito conteso fra i grandi collezionisti, poco più che adolescente Ø affronta per il cardinale Scipione Borghese il monumentale ciclo di quattro grandi gruppi marmorei […].
Il testo (8) presenta una catena anaforica, cioè una sequenza di anafore aventi lo stesso punto d’attacco: il capo-catena (il Bernini), l’elemento che introduce il referente nel testo, è seguito dagli anelli della catena (lui, Gian Lorenzo e il soggetto sottointeso).
Di solito in un testo compaiono più catene anaforiche, di diversa lunghezza e formate da anelli di diversa natura (ad esempio, nomi, pronomi, Ø, come si è visto in (8)), le quali possono risultare parallele o intrecciarsi (per un approfondimento sulle catene anaforiche si rimanda a Ferrari 2014: 206-210).
Esaminando le catene anaforiche, occorre evidenziare il principio che generalmente regola la scelta delle forme di ripresa al loro interno: più il punto d’attacco è facilmente recuperabile, più la ripresa sarà ‘debole’ in termini di materiale fonico; viceversa, quanto più l’antecedente è difficile da recuperare, tanto più esplicita e trasparente sarà la ripresa. Facciamo degli esempi: se l’antecedente è vicino all’anafora e/o il referente da esso introdotto risulta centrale nel testo, molto probabilmente la ripresa sarà costituita da un pronome atono o da un’ellissi; al contrario, se l’antecedente è troppo lontano nel testo e/o in concorrenza con altri antecedenti potenziali, è probabile che la ripresa sia un pronome tonico o un nome. Per un’analisi dettagliata dei fattori che determinano una maggiore o minore facilità di recupero del punto d’attacco si rimanda a Palermo (2013:168-177); sopra ci siamo limitati a ricordarne alcuni, ovvero la distanza che separa l’anafora dall’antecedente, la persistenza nel testo del referente introdotto dall’antecedente, la presenza o meno di altri potenziali antecedenti.
Passiamo all’analisi della catafora, procedimento opposto all’anafora (dal greco katà ‘sotto’ e phèrein ‘portare’): il punto d’attacco va ricercato in basso, dal momento che esso segue, anziché precedere, la forma che lo sostituisce. Anche la catafora può essere realizzata mediante sostituti pronominali (9), sostituti lessicali (nomi dal significato generico come fatto, cosa) ed ellissi (si tratta dei casi di soggetto sottointeso); inoltre, anch’essa può costituire catene. Nell’esempio che segue
(9) Se ti capitasse di incontrarla, saluta Chiara da parte mia.
il pronome la rinvia a un elemento che si trova nella frase successiva, Chiara, il quale permette di identificare la persona di cui si sta parlando. Diversamente dall’anafora, la catafora sospende l’interpretazione del testo per un intervallo più o meno lungo e crea quindi effetti di attesa e sorpresa. Per queste sue caratteristiche essa è impiegata soprattutto in testi narrativi, in particolare negli esordi di romanzi e di racconti.
Come si è detto in precedenza, fondamentali per la coesione del testo sono anche le relazioni di connessione, le quali sono segnalate dai connettivi, ossia “forme invariabili (congiunzioni, locuzioni, ecc.), che indicano relazioni che strutturano ‘logicamente’ i significati della frase e del testo” (Ferrari 2010: 271). Nell’esempio che segue se ne trovano due, ma e perché, che esprimono rispettivamente la relazione di contrasto e quella di causa.
(10) l’impatto del referendum sarà positivo o negativo sul breve periodo secondo i risultati, ma sarà sicuramente positivo sul lungo periodo, perché costringerà di nuovo ad una trattativa diretta (Corpus La Repubblica)
La classe dei connettivi comprende elementi di vario tipo: congiunzioni subordinanti (ad esempio, affinché, perché) e coordinanti (e, ma, ecc.), avverbi (tuttavia, dunque, ecc.) e preposizioni (per, a causa di, ecc.). In base alle relazioni logiche che esprimono, possiamo individuare due sottoclassi di connettivi: a) quelli che esprimono relazioni logiche fra eventi; b) quelli che segnalano relazioni di composizione testuale. Nel primo caso i connettivi forniscono indicazioni sul modo in cui si collegano i fatti di cui si parla (relazioni di tempo, di causa, di opposizione, di fine, di conseguenza, di condizione, ecc.), come avviene in (10); nel secondo, invece, i connettivi indicano i rapporti che intercorrono fra le parti del testo e il modo in cui esso è strutturato (relazioni di rettifica (11), di esemplificazione (12), di riformulazione, di aggiunta, ecc.).
(11) Presumibilmente le prove raccolte a carico di parecchi inquisiti si sono rivelate schiaccianti e l’ispettore, del quale per ora non si conosce il nome, non se la sarebbe sentita di negare. Anzi, avrebbe nella sostanza confermato il racconto fatto dai detenuti. (Corpus La Repubblica)
(12) L’autocertificazione […] è ancora bandita in alcuni, particolari casi. Non si può per esempio certificare l’antimafia, regolamentata a parte. (Corpus La Repubblica)
Il breve quadro sul testo ha evidenziato la complessità del nostro oggetto d’analisi, le cui proprietà distintive sono la coerenza e la coesione. La prima, prodotto di tre fattori (unitarietà, continuità e progressione), si manifesta nella connessione logica tra le parti che compongono il testo; la seconda, invece, trova espressione nelle relazioni formali di rinvio e connessione, segnalate da anafore, catafore e connettivi. In altre parole, si tratta di due forze che cooperano per assicurare legami di natura semantica e formale tra le parti di un testo.
Per approfondire
Andorno, Cecilia. 2003. Linguistica testuale. Roma: Carocci.
Ferrari, Angela. 2010. “Connettivi”, in Enciclopedia dell’italiano, curata da R. Simone, G. Berruto, e P. D’Achille, Roma: Istituto dell’enciclopedia italiana, pp. 271-273.
Ferrari, Angela. 2014. Linguistica del testo. Principi, fenomeni, strutture. Roma: Carocci.
Ferrari, Angela. 2019. Cos’è un testo. Roma: Carocci.
Palermo, Massimo. 2013. Linguistica testuale dell’italiano. Bologna: il Mulino.
Simone, Raffaele. 1990. “Testo”, in Id., Fondamenti di linguistica, Roma-Bari: Laterza, pp. 403-453.
0 Commenti
Lascia un commento